Il Comitato Regionale per la valutazione di impatto ambientale ha messo un punto fermo sul progetto della strada Regionale 8 che dovrebbe collegare il capoluogo jonico sino al limitare della costa salentina, dichiarandolo sostanzialmente inadatto e altamente costoso per le finalità che si prefigge.
In un’analisi dettagliata costi-benefici si derubrica l’arteria, su cui insistentemente sono state riservate attenzioni ed auspici, come un’opera inefficace dal punto di vista economico e pericolosa per le prevedibili conseguenze di natura paesaggistica. Nel parere si esplicita - quasi con un verdetto non appellabile nel punto in cui sentenzia - con una certa crudeltà verbale, che “l’intervento proposto non produce un miglioramento delle condizioni di sicurezza stradale e della viabilità in genere, rispetto all’esistente”. Per un territorio come quello jonico che ha dovuto subire per anni gli effetti collaterali della grande industria, subendone i suoi veleni rovinosi, sarebbe davvero encomiabile accantonare ogni progettualità dannosa per il territorio e irriguardosa verso l’ambiente. Sono per fortuna tante e di grande rilievo le iniziative sorte nella provincia jonica che puntano ad una imprescindibile riconversione green dell’economia, al recupero del legame con il mare e con la cultura del Mediterraneo, incentrate su un sistema di trasporti su ferro non invasivo ed integrato con il contesto circostante, come peraltro espressamente indicato nel Patto del Sud sottoscritto dalla Regione Puglia nel 2016, deviandolo dalla vocazione quasi maniacale a preferire il trasporto su gomma, sempre più inquinante e ingombrante, schiacciati dall’ossessione dell’auto come unico simbolo implicito di sviluppo e di crescita collettiva. Inoltre l’ulteriore consumo di suolo pubblico consolida un triste primato già detenuto dalla regione Puglia proprio a causa delle frenetiche urbanizzazioni delle aree costiere. L’abbandono sempre più frequente, in mancanza di sostegno dei prezzi agricoli, delle terre coltivate provoca ulteriori danni ad un territorio già ampiamente deprivato e irreparabilmente compromesso da una lunga catena di abusivismi e opere improduttive che poco e niente hanno stimolato nel corso degli ultimi anni verso quel turismo danaroso, strombazzante, su cui oggi si vuole puntare giustificando la realizzazione di questa ennesima biscia di asfalto. Del resto nessun dato previsionale fondato su analisi tecniche accurate, quelle allegate al progetto, sembra certificare davvero che si tratti di una infrastruttura strategica, uno strumento prioritario di rilancio socio-economico, rassegnandosi invece ad una sicura perdita di valore dovuta ai pascoli sempre più ristretti, alle semine mancate, ai vigneti sradicati, agli oliveti depredati dall’incuria, banalizzati ad elementi decorativi quando piuttosto dovrebbero rappresentare il vero volàno di crescita, un’arma preziosa e complementare per trattenere un turismo rurale e di prestigio che certamente fugge il degrado costiero che riduce gli spazi naturalistici rendendoli sempre più desolanti e sgraditi. Una nuova strada che aiuta a decongestionare il traffico veicolare per poche settimane all’anno non serve a rilanciare l’economia più di altre componenti di più largo respiro in grado di sostenere una reale integrazione tra impresa e territorio e che non abbia il velleitario proposito di sembrare una scorciatoia funzionale per raggiungere le seconde case da parte dei residenti jonici. Chi fa quel percorso da anni conosce lo scarso volume di circolazione che interessa quei luoghi almeno per undici mesi all’anno, rendendo perciò improbabili le ragioni addotte per una sua urgente modificazione. Proprio quei luoghi invece dovrebbero essere gelosamente protetti da mani e menti invasive per poter preservare la loro peculiare bellezza tenera e selvaggia, solitaria e tortuosa, per accogliere una natura per certi tratti rimasta ancora miracolosamente incontaminata, spesso invidiata e costantemente ribadita come insostituibile brand del nostro territorio, che i sindaci dovrebbero peraltro tenere così cara nella loro infaticabile attività di tutela del loro territorio. Certo è che, al di là delle buone intenzioni dei proponenti, il progetto su questa arteria risulta decisamente obsoleto almeno rispetto alle riflessioni che in questo tempo la pandemia ci costringe a fare su cosa sia modernità e cosa sia progresso, costringendoci ad aggiornare una progettualità possibilmente incentrata su una riconversione produttiva meno impattante, più equilibrata e sostenibile, più incline a riconoscere il benessere comune più che il profitto di pochi. Oggi troviamo scritto di transizione ecologica su ogni pagina e su ogni dossier, poi però bisogna realizzarla con progetti coerenti e lungimiranti, perché le risorse economiche, così come le risorse naturali, sono beni troppo limitati per essere sprecati.