Michelangelo con il suo genio tormentato finì di dipingere il Giudizio Universale mentre la luce dell’Umanesimo, che aveva messo al centro del mondo l’uomo con il suo pensiero, liberandolo da pastoie e angosce medioevali, cominciava a spegnersi.
La spinta propulsiva del Rinascimento, esaurendosi, lasciava il campo all’insorgente bacillo velenoso del XVII secolo, con le sue devastazioni, epidemie e guerre: presero il sopravvento paura e insicurezza. Già comparivano all’orizzonte segnali insidiosi e inquietanti che il maestro seppe raffigurare, sublimandoli, con immagini vibranti ed irrequiete, con elaborate movenze di corpi aggrovigliati, mani e braccia protese, occhi terrorizzati e affranti; una visione apocalittica che distribuisce scene folgoranti, seguendo il racconto evangelico: la massa dei peccatori scivola verso il castigo dell’inferno mentre il gruppo di beati circonda ansimante il Cristo Giudice, prima di ascendere alla sfera celestiale. Avviene nell’affresco una separazione netta, risoluta, inderogabile, definitiva, uno scorporo ineluttabile e sconvolgente dell’umanità.
Una frattura che si ripresenta in certi particolari passaggi della storia, come accadde appunto nel ‘600, secolo considerato da molti di transizione conflittuale, di predominio dell’assolutismo, nonostante la presenza di personaggi del calibro di Galileo e Spinoza. Succede a volte che l’uomo venga sbalzato via da ogni ricognizione, lasciando che il mondo, come un barattolo, si metta a rotolare rovinosamente, risucchiato in uno scivolamento precipitoso e irrefrenabile, nascondendo priorità e perdendo prospettiva. Il punto di rottura rimane come sempre il dissidio tra dannati ed eletti, che ritroviamo oggi sempre più ripiegati nel loro agiato egoismo.
Chiusi dentro una bolla dorata le élites (o come si vogliono chiamare: poteri forti o, più spregiativamente, casta) si annusano e si coalizzano o, per usare una metafora calcistica, fanno densità, a volte truccano le regole e in molti casi fanno sparire addirittura il pallone dal campo, proibendo all’umanità di continuare a giocare. Mio nonno condensava questo andazzo miserabile con una sublime locuzione dialettale; questi, diceva “so’cuttuni”. Questi, voleva dire, si danno di gomito, si strizzano l’occhio, si apparentano tra loro, si tramandano il potere attraverso una modalità che Edward Luce chiama “meritocrazia ereditaria” in cui i figli dei ricchi hanno più possibilità di rimanere ricchi ed in cui la cosa più importante in assoluto è il letto in cui si è stati concepiti. Più che una relazione appassionata con la società di cui sono partecipi danno l’aria di uno sbrigativo incesto. Si è creata una odiosa condizione di privilegio in cui è perennemente occluso l’ingresso ai più meritevoli e più capaci. Affiora dunque la boria di “un’aristocrazia, dopo l’abolizione dei titoli nobiliari”, come la definisce Ezio Mauro.
Sono passati molti anni da quando il sociologo Carlo Carboni nella sua ricerca “Elite e classi dirigenti in Italia” indicava come cause di immobilismo della società italiana il basso tasso di ricambio delle classi dirigenti e la modalità distorsiva del suo reclutamento orientato soprattutto su fedeltà e condiscendenza, escludendo il più delle volte preparazione e doti personali. Ne consegue un triste e progressivo invecchiamento. Per la carica di presidente Consob oggi concorre un uomo di 82 anni, mentre compie 85 anni il capo del più grande gruppo bancario, insidiato nella carica da un concorrente che ne ha “appena” 77. Il potere si invecchia, si inchioda, pone degli effetti barriera in entrata, perde i riferimenti della realtà, si astrae da essa. Sono lì per durare più che decidere, scriveva Ferrarotti.
Fa presto l’insoddisfazione e la rabbia a trasformarsi in mugugno e poi in rivolta. Ecco perché si torna al popolo, ai suoi conati primordiali. I populisti a ben guardare dovrebbero sentirsi anche loro risucchiati nel precipizio infernale, al suono altisonante delle trombe dell’Apocalisse, assieme alla schiera dei dannati; con la loro disarmante giovialità e faciloneria danno solo una mano: solidali nel costruire muri o solleciti a far affogare gente in mare per principio, per protesta, o solo per frantumare il presente e potersi disinteressare del futuro che a immaginarlo servirebbero elaborazioni più complesse. I populisti in realtà protestano di voler combattere l’elite anche se poi sono partecipi, magari inconsapevoli, dello stesso infido percorso, lavorano sullo stesso obiettivo, ne sono complici, aizzano rabbia e malcontento finendo con il generare risposte inadeguate e autoritarie.
Sarà possibile allentare la morsa prima che si spezzi? Anche dopo il ‘600 tuttavia l’uomo si presentò di nuovo al centro della scena, la buriana era passata e con quel fresco venticello che attraversava tutta l’Europa, chiamato Illuminismo, le cose iniziarono a riaggiustarsi, ritornò la ragione contro l’ignoranza.