Nei cuori degli elettori di sinistra inizia a serpeggiare qualche segno di rassegnazione e di sfiducia. Questa campagna elettorale, in verità, non si sta presentando come l’avevano in tanti immaginata. La speranza è sempre l’ultima a morire, ma, a meno di un miracolo, sembrano delinearsi per la sinistra condizioni più che ragionevoli per una sua battuta d’arresto,
con l’aggravante di dover sottostare all’imbarazzante paradosso che giustifica la probabile debacle con l’errore strategico di essersi presentati all’appuntamento delle urne con uno schieramento troppo schiacciato a sinistra. Capite che per il mondo di sinistra essere accusati di apparire troppo di sinistra incomincia a diventare davvero seccante. Nell’immediato ci si aggrappa all’illusione di poter estrarre magicamente, in una manciata di giorni, fiumi di consensi dal ribollente pentolone dell’astensionismo dopo averlo rinfocolato per decenni attraverso l’ostentazione di politiche fatue, con ragionamenti astratti e puntigliosi a cui raramente hanno fatto seguito comportamenti adeguati ed incisivi. Se si verificherà l’annunciato arretramento del campo progressista, lo si potrà spiegare soprattutto dal venire meno del ruolo imprescindibile di traino e di collante che all’interno di questa area il Partito Democratico non è più in grado di esercitare. E d’altra parte sembra tuttora incomprensibile come si sia potuto agevolare la frammentazione dell’area di centro sinistra quando era chiaro che per vincere le elezioni con queste regole era indispensabile il massimo dell’unità possibile. Se non era questo l’obiettivo politico perché si è parlato per mesi della volenterosa formazione di un campo largo? In ogni caso che l’esito elettorale si annunci come perdita catastrofica o come sconfitta di misura, sarà il caso di cambiare registro in maniera anche drastica, iniziando a mettere sulla data del 25 Settembre una pietra grande come una casa, robusta come una trabeazione, immensa come un promontorio, imponente quanto il grande massiccio del Pamir, facendo ricorso, senza indugio, ai due fattori vincenti suggeriti dal Serenissimo Kutuzov nella difesa della grande madre Russia al cospetto dell’esercito arrembante di Napoleone: Tempo e Pazienza. Non servirà a niente farne un dramma, quanto predisporsi seriamente a fare opposizione per i prossimi cinque anni. In fondo un motivo ci sarà se la sinistra pur avendo governato per intere stagioni, con tutte le compagini possibili, non ci abbia guadagnato granché. Si dice che lo abbia fatto per il bene del Paese. Può darsi. Di sicuro è stato un gran bene per la rinascita della destra più disadorna e bieca degli ultimi decenni. Cinque anni di opposizione faranno bene, serviranno a fare chiarezza, a riprendere fiato, magari a far emergere qualche ideuzza di sinistra. Ce ne sono in giro di pensieri niente male, ma quelli buoni sono stati sempre trattati con parsimonia, scansandoli, banalizzandoli. Dall’opposizione invece sarà possibile riprendere a respirare un’aria nuova, più pulita, ad incontrare gente fresca ed entusiasta che, per distrazione o becera convenienza, in questi anni è stata trascurata, evitata, sopportata. Forse scomparirà dalla testa dei militanti l’idea malsana che la sinistra sia in eterno un posto per gente privilegiata, un luogo dove è d’obbligo un conformismo monotono e soporifero in stile cardinalizio, recalcitrante ad ogni mutamento. Sarà gradevole fare un bagno di umiltà: risulterà senz’altro benefico, rilassante, disintossicante. Finalmente per una volta, dopo tanti anni, la sinistra resterà fuori dai pasticci, dai ghirigori linguistici, dai funambolismi inconcludenti, dai rituali indecorosi dei palazzi nei cui vertici tutto viene assorbito, stabilizzato, ma nulla viene deciso. Si occuperà il tempo nel recuperare l’essenza delle cose, nel comprendere la realtà reclamante dei nuovi bisogni, nel ricostruire con premura una socialità più aperta e inclusiva, nel costruire un nuovo futuro di desideri e di orizzonti più limpidi da consegnare alle prossime generazioni. Si dovrà pensare anche a far emergere qualche leader capace, efficace, preparato, anche un po’ truce se serve, possibilmente laico, che somigli a quel popolo tanto enfaticamente esaltato, che lo sappia trascinare e intrigare con il suo esempio, che lo sazi e lo renda orgoglioso, che li insegni infine il fascino e la gioia della Reconquista. Forse si riuscirà a dimenticare la profezia urlata da Nanni Moretti vent’anni fa a Piazza Navona. Stando all’opposizione la sinistra sarà in grado di sfoltire i suoi ranghi e ricompattarsi. Per comprendere appieno le nuove dinamiche sociali ci sarà bisogno di purificarsi e rigenerarsi in una nuova identità, ritrovarsi in un linguaggio più semplice e diretto, con gli aggettivi ridotti all’osso, progettare un nuovo modello di società, più ispirato e più equo, soprattutto più giusto. Lo scopo principale di questa gigantesca sfida è quello di uscire dal governo per governare prima sé stessi. Questo significa lavorare per il bene del Paese. Cinque anni passano in fretta. Bisogna prepararsi al meglio e non al peggio.