Dalla verandina del mio alloggio accanto alla piazzetta di Plaza Dos de Mayo, nel cuore pulsante di Madrid, ho potuto vedere una folla gaudente di giovani ballare e cantare agitando lattine di birra Mahou Clàsica e bicchieroni di coca-cola, trattenendosi sino all’alba per celebrare la ricorrenza della rivolta madrilena del 2 maggio 1808 contro i Francesi, raffigurata nel famoso dipinto del Goya.
Ho creduto anche che stessero festeggiando il risultato uscito dalla recente consultazione elettorale per il rinnovo del Parlamento Spagnolo che ha visto la netta rimonta del partito socialista e l’insignificante ascesa, almeno rispetto alle aspettative, dei movimenti della destra xenofoba e nazionalista. Una scelta europeista che i giovani hanno saputo apprezzare nonostante i difficili anni di esasperante crisi economica che li ha pesantemente coinvolti.
L’Europa oggi è senz’altro sinonimo di gioventù. L’Europa è la loro terra, la loro vocazione, il loro presente, pur intriso di incertezze, ed il loro legittimo e sicuro approdo; non discutono la storia faticosa della sua edificazione proprio perché ci vivono dentro con tutti i sentimenti e intendono il significato dello stare insieme, del frequentarsi, del conoscersi, oltre ad intuirne l’impegno profuso da generazioni per giungere ad una condizione umana di perdurante vita pacifica. E questa, a pochi giorni dalle elezioni europee, non può che essere una buona notizia.
La Spagna, ed in particolare la Castiglia, che è la regione più grande della Comunità Europea, rappresenta bene questo percorso. E Madrid è lì in mezzo, a cavalcioni sopra una meseta spoglia e dilatata, sfiorata dal pallido rigagnolo del Manzanarre reso famoso dal Manzoni (un altro grande europeo). Madrid oggi si presenta con una calma reclamata da secoli di eventi tumultuosi, da un passato di dominio, ma anche di sperpero e di fronzoli. Fronzoli d’oro dei Conquistadores che germogliano nelle incantevoli Cattedrali gotiche, brillando nelle decorazioni della Cappella della Concezione a Burgos o attraverso la luce spettrale e misteriosa che invade gli archi delle navate a Leon dalle cui vertiginose vetrate trasuda la terribile purezza della devozione cattolica dei luoghi, i cui indizi sono disseminati per le strade del centro sulle piastrelle a forma di conchiglia che indicano il Cammino di Santiago.
Mutazioni culturali e trasformazioni sociali si intercettano alzando lo sguardo in mezzo a piazze monumentali – come la fascinosa e malinconica Plaza Major di Salamanca - in cui per secoli si sono svolte adunate di popolo per assistere a corride o a terrificanti autodafè, proprio a ricordarci da dove siamo partiti per essere arrivati ad un grado elevatissimo di civiltà da cui non si può più retrocedere.
Il territorio di Castiglia J Leon, aspro e lucente, con altopiani che svettano come sentinelle sopra pianure lisce e sconfinate è stato palcoscenico di storie epiche e sanguinose con un succedersi di popoli che hanno aggiunto tasselli importanti alla costruzione dell’Europa moderna. Sulla Muralla di Avila si distinguono pedate fenicie, celtiche e arabe. I Romani poi ci fecero casa. Basta osservare l’imponente acquedotto romano a Segovia che svetta in alto come una barcaccia di granito lungo 900 metri, rimasto intatto dopo duemila anni. Ed è ancora lì a ricordare l’orma indelebile della Hispania Romana che ha dato i natali ad illustri pensatori e poeti latini come Seneca e Marziale, eponimi del pensiero europeo. Dello sparuto popolo dei Visigoti si conserva ancora oggi l’antica liturgia cristiana-mozarabica che si celebra ogni mattina nella Cappella del Corpus Christi dentro la maestosa Cattedrale di Toledo. La Spagna divenne cristiana, e quindi europea, anche per la caparbia (e la convenienza) dei loro sovrani.
E poi ci sono gli hidalgos, gli intrepidi cavalieri come El Cid pronto ad impugnare la propria spada per dirimere questioni e ingiustizie in un passaggio della storia iberica come sempre calda e burrascosa. La statua di El Cid a Burgos sembra volersi staccare dal piedistallo per fare intendere al mondo il vanto dell’essere irriducibile anche a costo di mettere a rischio la propria vita.
Mentre dalla statua equestre di Don Chisciotte e Sancho Panza che campeggia in Plaza de Espana a Madrid emerge l’orgogliosa e impettita audacia che domina l’animo fiero e inquieto di questo popolo incalzato da sfide temerarie e spropositate. La spinta visionaria del Cervantes ha dato notevole impulso alla costruzione della civiltà europea fatta di aneliti disperati e passioni irrefrenabili.
Ed infine l’Europa in un ritratto. Quello che raffigura il grande Carlo V. Nel dipinto austero e seducente del Tiziano, che si può ammirare al Prado, viene presentato ai posteri con il mento aguzzo e una lancia in mano puntata a raddrizzare e governare il mondo: espressione sontuosa di magnificenza regale. Carlo V fu l’unico regnante insieme a Diocleziano, che dopo aver dominato il mondo, si ritirò a vita privata. Guido Cerosa nella biografia su Carlo V ci dice come egli sia riuscito a soggiogare al suo potere autorità sconfinate e nemici grandiosi, spinto da un incessabile ansia di conoscenza. Senza Carlo V non ci sarebbe stato l’Occidente, fu lui a dargli un’unità, cioè “una sostanziale identità di pensieri, di cultura, di principi e persino di fede”. La storia come si vede spinge sempre in avanti. Sperare in meno Europa oggi pregiudicherebbe la stessa comprensione del passato, sottraendo al nostro tempo la capacità e l'auspicio di poter consolidare una realtà così tenacemente agognata.