Bisogna affrettarsi, visto i tempi piuttosto burrascosi della politica, almeno a propiziare un buon anno alla Sinistra o a quel che ne rimane, alle sue tante sigle e ricettacoli, ai suoi passati ardori e alle sue giovanili sporgenze; e fare gli auguri di buon anno,
ovviamente, al Partito Democratico, come a tutti gli elettori e simpatizzanti che si riconoscono (o vorrebbero riconoscersi) nei valori della sinistra, ai molti dubbiosi che si interrogano e ai fuggitivi che si disperdono, in un vagare sempre più affannoso ed incerto.
Auguri ad una Sinistra ancora in fuga, che brancola, che ha smarrito i suoi slanci e le sue prerogative, auguri alle sue donne e ai suoi uomini migliori, a quella moltitudine di valorosi che continuano a spremere la propria esistenza per darne il frutto ai più bisognosi di cure e di protezione, a quei migliori dai buoni sentimenti, come ci ricorda Mattarella, fedeli al proprio popolo magari con il coltello affilato tra i denti e il berretto frigio in testa, che non osano mettere al centro le persone, come va di moda dire adesso, perché le persone sono già sangue e rifugio del loro cuore.
Auguri ad una Sinistra dalle parole audaci e rigeneranti per lo spirito, parole che precisano e rendono comprensibile il futuro, parole che illuminano e non illudono, in grado di scoperchiare il dono della vita contro l’insignificanza dell’odio e della barbarie, parole prepotenti contro miseria e disagio, inflessibili contro soprusi e privilegi.
Auguri ad una Sinistra stufa di sentirsi élite mercenaria e subalterna, alfiere composto e responsabile di una società in dissoluzione, che sappia far crescere intorno a sé l’orgoglio perduto, in grado di lanciare un assist di vedute straordinarie e profonde in cui intrappolare i sogni degli individui incrociandoli in un nuovo orizzonte di vita, che aiuti a far riemergere dal naufragio disperato di questi tempi e portare in salvo lo spirito frantumato e infagottato del mondo, perché come dice Cacciari nell’attuale inferno polemico della vita pubblica “E’ in gioco la nostra anima”.
Auguri ad una Sinistra capace di andare oltre il proprio ombelico per rimettersi a studiare, a discutere e far discutere un diverso modo di approcciare la crisi economica liberandosi dal feticcio ingombrante di un liberismo privo di prospettive, causa di un’intollerabile catena di disuguaglianze; che lavori ad una prospettiva di crescita in cui sia tenuto in considerazione il benessere di tutti convincendosi che il problema non è tanto il liberismo, ma che la sinistra ci stia dietro senza discernimento, accovacciandosi su di esso come una poiana sul pennuto, accettando di puntellare un sistema economico fondato sulla dissipazione e su ingiustizia, come ricordava tempo addietro Giorgio Ruffolo quando ammoniva “questa sinistra che insegue una rispettabilità politica basata sull’imitazione di un modo di produzione irresponsabile e di un modo di consumo immorale”.
Auguri ad una Sinistra che senza indugio proponga un nuovo modello di società il cui caposaldo sia l’istruzione sapendo che solo la cultura conduce all’uguaglianza, mentre l’ignoranza produce solo spavento che porta diritto alla tirannide, e che affronti il tempo della rivincita, senza impazienza, senza l’ansia di affrettarsi su scorciatoie brevi ed illusorie, perché il tempo della costruzione sarà piuttosto lungo e tormentato; occorre oggi, direbbe Hegel, “il travaglio del negativo”, cioè il passaggio faticoso della lotta e dell’impegno per rielaborare un rigoroso progetto alternativo di società.
Auguri ad una Sinistra che sappia recuperare fiducia e simpatia e che provi un po’ di imbarazzo quando censura la fragilità di questo governo riconoscendo invece l’attuale inadeguatezza come figlia della sua e della nostra sconfitta. Auguri ad una Sinistra che accetti di tenere accesa la fiammella della volontà e della speranza contro l’usura del tempo perché, come scrive Luciano Canfora, “l’esperienza non si trasmette, e tanto meno lo spirito rivoluzionario, il credere”, mentre il succedersi delle generazioni cancella inesorabilmente il ricordo delle ingiustizie e degli orrori patiti, così come i patemi delle conquiste ottenute; i giovani dimenticano e i vecchi smettono di raccontare storie di coraggio, dure di passione. Uno smarrimento continuo della memoria che la poetessa polacca Wislawa Szymborska richiama in “La fine e l’inizio”: “Ma presto lì si aggireranno altri che troveranno tutto un po’ noioso. C’è chi talvolta dissotterrerà da sotto un cespuglio argomenti corrosi dalla ruggine … Chi sapeva di che si trattava, deve far posto a quelli che ne sanno poco. E meno di poco. E infine assolutamente nulla”.